Museo Egizio, Meloni: se vinco licenzio il direttore. Ma non può farlo.

A partire dal 6 dicembre scorso e fino al 31 marzo prossimo, il Museo Egizio di Torino (il più vasto al mondo di settore dopo quello del Cairo) ha promosso un’iniziativa particolare: permettere alle coppie parlanti di lingua araba di entrare e osservare le meraviglie esposte al museo pagando un biglietto anziché due.

La promozione, è alla sua seconda edizione e l’anno scorso non aveva sollevato alcuna polemica. Quest’anno tuttavia cade con la campagna elettorale per le prossime elezioni politiche del 4 marzo, ed è probabilmente la ragione per cui Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, non ha esitato a bollarla nel mese di dicembre come “delirante” e “aberrante”, poiché pensata per avvantaggiare una particolare minoranza linguistica nonostante nonostante il Museo Egizio goda di “sovvenzioni pubbliche” e sia “finanziato coi soldi degli italiani”.

Tralasciando il fatto che ciò non è vero (il Museo Egizio è sovvenzionato da una società privata), nei giorni scorsi la leader di Fd’I ha voluto ribadire la sua ferma opposizione anche dal vivo, arrivando allo scontro verbale con il direttore del museo Christian Greco.

Il video dell’incontro è divenuto subito virale, e la rete non si è astenuta dal sottolineare – spesso anche causticamente – come l’impreparazione in materia della Meloni non sia riuscita a reggere il confronto con la realtà dei fatti esposta da Greco. Il direttore si è infatti limitato a far presente che l’iniziativa rientra in un contesto più ampio di promozioni volte a favorire l’ingresso al museo di diverse comunità (anche italiane), accusando poi la Meloni di voler montare un caso politico.

L’esito del dibattito non deve essere andato a genio ai vertici del partito, che in una recente nota hanno promesso come “una volta al governo Fratelli d’Italia realizzerà uno dei punti qualificanti del proprio programma culturale che prevede uno spoil system automatico al cambio del Ministro della Cultura per tutti i ruoli di nomina, in modo da garantire la trasparenza e il merito, non l’appartenenza ideologica”.

Un lungo giro di parole che sa molto di minaccia di licenziamento, il quale però difficilmente troverà concretizzazione anche se la Meloni dovesse vincere le elezioni proprio per via della giurisdizione italiana in materia.